Giacomo Rossi-Tiziano Gozzani
Senza la mia paura mi fido poco. Mostra di pittura e scultura.
Da venerdì 23 luglio a domenica 15 agosto 2021
Inaugurazione venerdì 23 luglio ore 18.00
Palazzo Ducale, Massa
Senza la mia paura mi fido poco. Mostra di pittura e scultura.
Da venerdì 23 luglio a domenica 15 agosto 2021
Inaugurazione venerdì 23 luglio ore 18.00
Palazzo Ducale, Massa
Associazione culturale Sururs presenta “Senza la mia paura mi fido poco” una mostra di Giacomo Rossi e Tiziano Gozzani, due artisti diversi per una mostra eclettica, che esporranno le loro opere nelle nobili sale del Palazzo Ducale di Massa da venerdì 23 luglio a domenica 15 agosto 2021.
Il progetto ha origine dall’idea di una “variazione artistica” sul tema della paura, e della fiducia, due stati emotivi oggi più attuali che mai, aspetti che accomunano uomini, animali, vite, un messaggio variegato, ricco di rimandi incrociati, non necessariamente angoscianti, ma anche creativi e stimolanti. Spesso si ha paura di ciò che non si conosce, e attraverso il superamento della paura è possibile approdare alla fiducia.
Stati d’animo che la dimensione artistica è in grado di restituire non solo col linguaggio figurativo ma anche nella sua portata astratta con le opera di due artisti differenti per fibra e vocazione, Giacomo Rossi, pittore e Tiziano Gozzani, scultore.
Lo spettatore, che si vorrà approcciare alla mostra con occhi sensibili, si imbatterà in due differenti stili espressivi oltre che in due differenti mondi.
Sottile ed astratta la voce di Rossi, che codifica le sensazioni dell’interiorità in un’espressione pittorica vaga ed immateriale. Sezionata e poi ricostruita, l’immagine scultorea di Gozzani, che, assemblando verticalmente delle figure, ne ricompone non solo le strutture ma anche l’espressività. L’opera “ascolto” è emblema dell’immobilismo dell’attesa, conseguenza della paura e preludio della fiducia, chiave di volta della seconda opera, il cui nome, CHISSACOSASIPROVAALIBERARELAFIDUCIANELLEPROPIETENTAZIONI, è un emblema carico di tensione e pathos verticalizzato, proteso a comunicare quella voluttà e quel piacere conseguenti al fatto di cedere alle proprie tentazioni, confidando semplicemente in esse.
Il progetto ha origine dall’idea di una “variazione artistica” sul tema della paura, e della fiducia, due stati emotivi oggi più attuali che mai, aspetti che accomunano uomini, animali, vite, un messaggio variegato, ricco di rimandi incrociati, non necessariamente angoscianti, ma anche creativi e stimolanti. Spesso si ha paura di ciò che non si conosce, e attraverso il superamento della paura è possibile approdare alla fiducia.
Stati d’animo che la dimensione artistica è in grado di restituire non solo col linguaggio figurativo ma anche nella sua portata astratta con le opera di due artisti differenti per fibra e vocazione, Giacomo Rossi, pittore e Tiziano Gozzani, scultore.
Lo spettatore, che si vorrà approcciare alla mostra con occhi sensibili, si imbatterà in due differenti stili espressivi oltre che in due differenti mondi.
Sottile ed astratta la voce di Rossi, che codifica le sensazioni dell’interiorità in un’espressione pittorica vaga ed immateriale. Sezionata e poi ricostruita, l’immagine scultorea di Gozzani, che, assemblando verticalmente delle figure, ne ricompone non solo le strutture ma anche l’espressività. L’opera “ascolto” è emblema dell’immobilismo dell’attesa, conseguenza della paura e preludio della fiducia, chiave di volta della seconda opera, il cui nome, CHISSACOSASIPROVAALIBERARELAFIDUCIANELLEPROPIETENTAZIONI, è un emblema carico di tensione e pathos verticalizzato, proteso a comunicare quella voluttà e quel piacere conseguenti al fatto di cedere alle proprie tentazioni, confidando semplicemente in esse.
«Il mio retroterra è sicuramente legato al logos, ad una dimensione immateriale, al ragionamento, che tende a rifuggire l’irrazionalità della paura ricercando sempre un approdo alla fiducia -o fides, per dirla col linguaggio del diritto” scrive Sarah Trovato, avvocato e socia Surus, “e nell’espressione della pittura di Giacomo Rossi si può leggere, in un’astrazione artistica che è sempre linguaggio, la sottile tensione dell’angoscia, che si fa paura e non ha un volto necessariamente decifrabile. Riempie la tela di toni vasti, vorrebbe contenersi ma dilaga, avvolge, disarma, con tratti di colore scalfito, con consistenze cromatiche che affiorano, grazie all’utilizzo della spatola e dell’incisione “graffiata” che apporta sul dipinto geometrie inaspettate e quasi infantili. Sono le sfumature di colori più caldi che sottendono il raggiungimento di una fiducia delicata ma che esiste e che chi conosce l’artista intravede dischiudersi nelle sue opere. La scultura di Tiziano Gozzani, d’altra parte, costituisce il contrappeso materiale dell’espressione pittorica più indecifrabile di Rossi. Gozzani esprime il proprio pathos nella concretezza verticale delle lastre di marmo, quasi stravolgendo il concetto di paura nell’idea dell’ascolto e della fiducia. Sicuramente originale l’idea di destrutturare la figura scultorea, ricomponendola poi in una suggestiva frammentazione lamellare che non pregiudica l’espressività della stessa».
«Difficile raccontare l’arte contemporanea», aggiunge un’amica degli artisti e organizzatrice della mostra, «a volte quasi impalpabile, incomprensibile. Ma, educata dal passato e dalla storia dell’arte, so riconoscere la bellezza. Le opere di Giacomo Rossi e Tiziano Gozzani sono belle, a prescindere. Discuteremo se vogliamo del termine bello, così usato, strausato, abusato, che i linguisti chiamano iperonimo colossale, perché racchiude dentro un quantitativo di significati direi strabordante, il giorno dell’inaugurazione, venerdì 23 luglio 2021, alle ore 18.00.
È necessario che Associazione Surus ringrazi l’Associazione Briciole sul Sentiero, che ha gentilmente collaborato perché gli sponsor Prometec, Dwire sostenessero questo evento, insieme a Elettromatec, Costruzioni Vettorini Pietro e Fratelli Antonioli escavazioni.
Giacomo Rossi
(Forno, 1973).
Giacomo Rossi nasce a Forno, un borgo speciale ai alle porte delle Alpi Apuane, dove la Storia si è fermata nel 1944, un Eccidio nazifascista ha segnato per sempre lo spirito del luogo e la Resistenza non ha mai abbandonato le anime dei suoi abitanti. In questa terra di contrasti, tra il suono del fiume e il monte Contrario, nella cantina dei genitori, luogo di vino e aggregazione, Giacomo si nutre di facce, storie, sentimenti, fatiche e fin da ragazzo segue le sue passioni ed ispirazioni, fatte di musica e disegno.
Frequenta il Liceo Artistico “Artemisia Gentileschi di Carrara”. Poi, appassionatosi sempre più alla pittura, frequenta i corsi del prof. Walter Tacchini all’interno della Scuola libera di nudo e del Prof. Andrea Granchi all’Accademia di belle Arti di Carrara.
Negli stessi anni, ispirato dai “cantastorie” del paese, suona la chitarra e viaggia nell’ascolto più profondo del cantautorato d’eccellenza e nel mondo della musica, della quale diviene un profondo esperto e collezionista.
Spinto dalla passione per la storia dell’arte, intraprende numerosi viaggi culturali, visita i più importanti musei del mondo e si avvicina alla pittura “informale”, allo stile degli “Irascibili”, caratterizzato dal rifiuto di qualsiasi forma, figurativa o astratta, costruita secondo canoni razionali.
Realizza numerose opere e prende parte a diverse rassegne collettive locali.
Contestualmente si avvicina alla fotografia, della quale si occupa da circa dieci anni, strumento per raccontare in maniera impersonale realtà sociali e culturali e situazioni diverse incontrate nel suo cammino.
In questo piccolo ma intenso percorso espositivo, con la sua pittura informale, fatta di colori, luci, forme elaborate in forme astratte e fortemente espressive, Giacomo Rossi un utilizza un linguaggio pittorico che parte dalla destrutturazione dell’immagine, per restituire il rapporto delicato tra la paura e la fiducia, rapporto labile, incerto ma anche forte, come la relazione tra il figurato e l’astratto, che, pure, ad un attento sguardo d’artista, non può sfuggire.
L’artista trascina l’osservatore dentro emozioni e sensazioni prive di qualunque connotazione oggettiva, guidate solo dal segno e dal colore, portandolo in un altrove immaginifico, irragionevole, inafferrabile.
(Forno, 1973).
Giacomo Rossi nasce a Forno, un borgo speciale ai alle porte delle Alpi Apuane, dove la Storia si è fermata nel 1944, un Eccidio nazifascista ha segnato per sempre lo spirito del luogo e la Resistenza non ha mai abbandonato le anime dei suoi abitanti. In questa terra di contrasti, tra il suono del fiume e il monte Contrario, nella cantina dei genitori, luogo di vino e aggregazione, Giacomo si nutre di facce, storie, sentimenti, fatiche e fin da ragazzo segue le sue passioni ed ispirazioni, fatte di musica e disegno.
Frequenta il Liceo Artistico “Artemisia Gentileschi di Carrara”. Poi, appassionatosi sempre più alla pittura, frequenta i corsi del prof. Walter Tacchini all’interno della Scuola libera di nudo e del Prof. Andrea Granchi all’Accademia di belle Arti di Carrara.
Negli stessi anni, ispirato dai “cantastorie” del paese, suona la chitarra e viaggia nell’ascolto più profondo del cantautorato d’eccellenza e nel mondo della musica, della quale diviene un profondo esperto e collezionista.
Spinto dalla passione per la storia dell’arte, intraprende numerosi viaggi culturali, visita i più importanti musei del mondo e si avvicina alla pittura “informale”, allo stile degli “Irascibili”, caratterizzato dal rifiuto di qualsiasi forma, figurativa o astratta, costruita secondo canoni razionali.
Realizza numerose opere e prende parte a diverse rassegne collettive locali.
Contestualmente si avvicina alla fotografia, della quale si occupa da circa dieci anni, strumento per raccontare in maniera impersonale realtà sociali e culturali e situazioni diverse incontrate nel suo cammino.
In questo piccolo ma intenso percorso espositivo, con la sua pittura informale, fatta di colori, luci, forme elaborate in forme astratte e fortemente espressive, Giacomo Rossi un utilizza un linguaggio pittorico che parte dalla destrutturazione dell’immagine, per restituire il rapporto delicato tra la paura e la fiducia, rapporto labile, incerto ma anche forte, come la relazione tra il figurato e l’astratto, che, pure, ad un attento sguardo d’artista, non può sfuggire.
L’artista trascina l’osservatore dentro emozioni e sensazioni prive di qualunque connotazione oggettiva, guidate solo dal segno e dal colore, portandolo in un altrove immaginifico, irragionevole, inafferrabile.
Tiziano Gozzani
(Massa, 1974).
Dopo una breve parentesi all’Accademia di Belle Arti, apprende l’arte della scultura nel laboratorio del padre Giovanni, seguendo il tradizionale tirocinio di bottega.
Ben presto entra in contatto con il panorama internazionale assistendo nel lavoro artisti noti come Aldo Mondino, Robert Carrol e Joseph Erhardy in Francia. A partire dall’età di quindici anni intraprende numerosi viaggi in Spagna, Francia e Stati Uniti, dove si aggiorna sui linguaggi più all’avanguardia e viene invitato a presentare le sculture al pubblico. La prima grande personale è a Miami, per Art Basel 2012, e a seguire, nel 2015, a New York per la New York Show Room.
Grazie a queste occasioni le opere di Gozzani entrano a far parte di importanti collezioni private a Los Angeles e a New York, mentre in Italia lo scultore realizza delle opere monumentali su committenza pubblica partecipando altresì a manifestazioni dal forte richiamo come Marmomacc& The City (Verona, 2016)
Nel suo percorso Tiziano Gozzani ha adottato la lastra di marmo quale unità espressiva fondamentale, scelta sia come elemento mereologico di parte rispetto all’insieme (all’interno di sculture la cui forma definitiva è la risultante dell’’assemblaggio di numerose altre lastre), sia, più di recente, come elemento a sé stante, rivolta a un discorso di pitto-scultura.
(Massa, 1974).
Dopo una breve parentesi all’Accademia di Belle Arti, apprende l’arte della scultura nel laboratorio del padre Giovanni, seguendo il tradizionale tirocinio di bottega.
Ben presto entra in contatto con il panorama internazionale assistendo nel lavoro artisti noti come Aldo Mondino, Robert Carrol e Joseph Erhardy in Francia. A partire dall’età di quindici anni intraprende numerosi viaggi in Spagna, Francia e Stati Uniti, dove si aggiorna sui linguaggi più all’avanguardia e viene invitato a presentare le sculture al pubblico. La prima grande personale è a Miami, per Art Basel 2012, e a seguire, nel 2015, a New York per la New York Show Room.
Grazie a queste occasioni le opere di Gozzani entrano a far parte di importanti collezioni private a Los Angeles e a New York, mentre in Italia lo scultore realizza delle opere monumentali su committenza pubblica partecipando altresì a manifestazioni dal forte richiamo come Marmomacc& The City (Verona, 2016)
Nel suo percorso Tiziano Gozzani ha adottato la lastra di marmo quale unità espressiva fondamentale, scelta sia come elemento mereologico di parte rispetto all’insieme (all’interno di sculture la cui forma definitiva è la risultante dell’’assemblaggio di numerose altre lastre), sia, più di recente, come elemento a sé stante, rivolta a un discorso di pitto-scultura.
Per approfondimenti e informazioni:
Web. www.surus.it – Mail. segreteria@surus.it – Cell. 345 8422772 – FB Associazione Surus
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